La pandemia costringe a rivolgere, in questo 8 marzo, il primo pensiero a tutte le donne che sono morte o hanno gravemente sofferto in questo anno e in queste settimane. Pensiamo alle dottoresse e alle infermiere, alle insegnanti a tutte le lavoratrici, a tutte le donne che reggono le responsabilità della cura familiare, che ancora non è divisa in parti uguali fra i generi.
Un 8 marzo dedicato alla salute, al lavoro, dunque ma che non dimentica la speranza di una maggiore felicità. Dignità, uguaglianza sociale e valorizzazione della differenza, liberazione sono obiettivi storici ed attuali, dei movimenti delle donne e il loro scopo è il diritto alla felicità, di avere la possibilità di vivere una vita piena.
E’ proprio questo, io credo, che suscita una reazione negativa, dalle tante cose minori, atteggiamenti, polemiche, delegittimazioni fino ai gravissimi crimini che in tutto il mondo segnalano l’odio che alle donne si rivolge. Ma molte donne non vogliono arrendersi, a regredire a sostitute di servizi più avari, ed anche in questo 8 marzo di chiusure e preoccupazione, spesso di dolore, non rinunciano a farsi vedere. Regalare le mimose non è solo una tradizione bellissima ma si tramuta in un segno semplice di resistenza alla malattia e alla crisi e di ringraziamento alle donne. Io le ho comprate, come molti di voi. Gli altri lo facciano, ora. E’ una bella cosa.