13 milioni confiscati alla ‘ndrangheta.
La malavita organizzata ha la capacità di non apparire, di scivolare, dopo momenti di tragico clamore, in una sorta di dimenticatoio sociale. Sono proprie queste “latitanze” dalla consapevolezza pubblica i “momenti” più pericolosi. Complice la crisi, Mafia, ‘ndrangheta ed altre “catene” prendono o riprendono piede, non soltanto dove sono nate ma ovunque. Scelgono i territori più ricchi e ordinati e cominciano a a fare affari, a spargere metastasi.
L’ Emilia-Romagna ha già conosciuto molti casi e molte importanti indagini sfociate in processi che hanno fatto epoca. Ma la “mala pianta” si deve sradicare ogni giorno, perché ogni giorno mette radici in ogni tipo di terreno e getta in avanti rami per avvinghiarsi ai tronchi più solidi e ricchi.
Dobbiamo essere quindi molto grati alla Dia ed ai Carabinieri, della nostra e di altre Regioni, che hanno agito insieme arrivando a risultati di grande rilevanza. E’ stata annunciata , in questi giorni, la confisca di beni in possesso dei criminali della  ‘ndrangheta per 13 ml.

Sono stati colpiti nel vivo delle “loro” risorse capi e luogotenenti di primo piano della ‘ndrangheta in Emilia-Romagna.

Immobili, come terreni e fabbricati, autoveicoli, quote societarie e altri beni sono stati confiscati a boss residenti a Bibbiano nel Reggiano, ma già detenuti, e ad un altro residente a Reggio Emilia.
E ancora: consistenti somme di denaro, quote societarie e compendi aziendali, nonche’ imprese estere e conti bancari ubicati in Bulgaria e Romania.
L’ attività delle forze dell’ ordine si è dipanata fra Firenze, Perugia, Bologna, Modena, Reggio Emilia, Crotone, sotto il coordinamento e l’impulso della Procura distrettuale di Bologna.
Nei confronti dei quattro, originari della provincia di Crotone, e’ stato disposto l’obbligo di soggiorno nel Comune di residenza, per cinque anni. Il provvedimento scaturisce sia dagli esiti di un’attivita’ investigativa del Centro Operativo DIA di Firenze, sia dallo sviluppo, da parte dei Carabinieri di Modena, delle risultanze dell’indagine “Aemilia”, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna.

Ma cosa fanno le cosche qui da noi? Le condanne ai processi lo hanno chiarito da tempo: formano associazioni di stampo mafioso, riciclano con intestazioni fittizie di beni, e “fanno cassa” con estorsione, usura ed altri reati.
Un’ altra battaglia è stata vinta, la guerra contro questo cancro, che succhia il denaro alle persone e alle imprese, non è finita.