Oggi, nove anni fa moriva Lucio Dalla. Il prossimo anniversario sarà quello del decennale.
Ma Dalla è vivissimo, nel ricordo della suia generazione e nella scoperta di quelle successive.
Ha un significato senza dubbio che l’iniziativa di illuminare con suoi versi via D’Azeglio, a Bologna, dove visse, abbia riscosso il consenso di tutti i suoi concittadini. Tutti. Non capita quasi mai.
Ma Dalla è un punto di riferimento che non scolorisce, che ci fa sentire orgogliosi d averlo visto tante volte attraversare la “sua” piazza, la nostra.
Sono passati cinquant’anni da quando “4 marzo 1943”, a Sanremo, lo portò al successo, grande, definitivo.
Fra pochissimi giorni sarà nelle librerie: “Dice che era un bell’uomo. Il genio di Dalla e Pallottino”, un saggio di Massimo Iondini con inediti di Dalla e Paola Pallottino, con la la prefazione di Pupi Avatie e l’introduzione di Gianni Morandi.
E altre, molte iniziative sono partite o sono già disponibili, cofanetti, edizioni, studi, con firme importanti.
Dalla si studia nei suoi diversi “periodi”, ormai, come i grandi classici.
La giovinezza e la ricerca di una propria libertà espressiva, gli anni di collaborazione con il grande poeta Roberto Roversi, poi gli anni delle sue creazioni più autonome e infine le ultime, fra strazio del tempo che passa e predominanza del ritmo.
Si sentiva “uomo del Sud” e amava appassionatamente Napoli, che gli ispirò Caruso. Ma la sua Bologna, mai abbandonata, è importante per capire le sue canzoni, i suoi percorsi di musicista, dal Jazz ad una particolare senso della melodia, i suoi racconti metropolitani.
La città è stata una chiave per riuscire a raggiungere con la propria immaginazione la vita e i sogni della nostra gente
E’ impossibile dimenticarlo.