L’Emilia-Romagna è una regione dalla forte economia, diffusa in molti settori. E’ una regione dove la crisi ha creato e crea una serie di difficoltà, ma dove le si è fatto fronte molto meglio che nel resto d’Italia. E’ quindi naturale che “interessi” anche alla malavita organizzata in cerca di riciclaggio ed appalti. La lotta contro le varie “mafie” condotta dalle istituzioni, Regione in testa, e dalla società civile, con alcuni giornalisti in prima linea, per anni, a fianco delle forze dell’ordine e della magistratura ha portato a risultati importantissimi. Basti pensare al grande processo “Aemilia” che ha inferto un colpo durissimo alle cosche, che dalle tradizionali provenienze avevano cercato l’Eldorado dalle nostre parti. La Regione ha promosso e sostenuto una fitta rete di iniziative associative, educative e culturali e approvato il “Testo unico sulla legalità” per armonizzare e rendere più efficace tutte le norme utili ad isolare e sconfiggere la malavita organizzata. Ma la battaglia non è mai finita. Nei primi 10 mesi del 2019 sono 17 le aziende bloccate dalla prefettura di Bologna, 62 negli ultimi 5 anni.

Si tratta di società sospettabili di rapporti con la malavita organizzata, che cercavano un mercato e spazi nell’economia legale.
La Dia (Direzione investigativa antimafia) ha ricordato che dal 2015 ad oggi le imprese destinatarie di provvedimenti restrittivi sono state 238 in Emilia-Romagna. A Bologna hanno riguardato sia realtà con legami con la camorra, sia con l’ andrangheta e “Cosa nostra”, direttamente oppure attraverso sorvegliati speciali. Nettamente più numerose, fra le aziende “bannate”, quelle che operavano nell’edilizia ma non mancano esercizi commerciali o aziende agricole e dei servizi. Il prefetto Patrizia Impresa ha ribadito con chiarezza che il nostro territorio attrattivo per ricchezza è però saldo nella vigilanza. Non bisogna sottovalutare- ha aggiunto- che le organizzazioni criminali si mostrano con il volto buono, si mimetizzano, cercano di entrare nelle imprese, di corrompere, di cercare connivenze evitando derive violente.
A Bologna si compie costantemente un monitoraggio molto attento. Un gruppo interforze passa al setaccio le aziende e come si vede le “interdittive” non sono poche. Anche noi cittadini dobbiamo fare la nostra parte. Il problema della sicurezza è molto presente, fra le persone e nel dibattito politico, ma non abbastanza si parla delle “mafie”. Invece occorre non far cessare la vigilanza sociale e sostenere le associazioni e le persone che attaccano la piovra con coraggio. Una solidarietà che conta, che può fare la differenza. Siamo l’Emilia-Romagna, continuiamo a dimostrarlo.