L’ASSEMBLEA LEGISLATIVA

Visto il progetto di proposta di legge alle Camere – ai sensi dell’articolo 121, secondo comma della Costituzione – avente per oggetto “Misure per la promozione dei contratti di solidarietà espansiva e utilizzo del reddito di cittadinanza”, d’iniziativa dei consiglieri regionali Alleva, Caliandro, Benati, Mumolo, Rossi, Torri, Taruffi;

Acquisito il relativo parere della commissione referente “Cultura, Scuola, Formazione, Lavoro, Sport e Legalità” di questa Assemblea, giusta nota prot. AL/2019/21180 in data 26 settembre 2019;

Preso atto:

– della relazione del relatore della commissione, consigliere Piergiovanni Alleva;

– della relazione tecnica predisposta ai sensi dell’articolo 17, commi 3 e 6, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica);

Con votazione palese attraverso l’uso del dispositivo elettronico, che dà il seguente risultato:

(Consiglieri assegnati alla Regione – n. 50)

presenti n. 46

assenti n. 4

votanti n. 32

favorevoli n. 25

contrari n. 6

astenuti n. 1

delibera

– di proporre alle Camere, ai sensi dell’art. 121, secondo comma, della Costituzione, il progetto di legge “Misure per la promozione dei contratti di solidarietà espansiva e utilizzo del reddito di cittadinanza”, composto da n. 5 articoli e qui allegato, sotto la lettera C), quale parte integrante e sostanziale, accompagnato dalla relazione del relatore della commissione, consigliere Piergiovanni Alleva, sotto la lettera A) e dalla relazione tecnica allegata al presente atto sotto la lettera B).

– di pubblicare la presente deliberazione nel Bollettino Ufficiale Telematico della Regione Emilia-Romagna.

ALLEGATO A)

alla deliberazione assembleare n. 222 del 1 ottobre 2019

Proposta di Legge alle Camere ai sensi dell’art. 121, secondo comma, della Costituzione

“Misure per la promozione dei contratti di solidarietà espansiva e utilizzo del reddito di cittadinanza”

RELAZIONE

(svolta in Aula dal relatore: consigliere Piergiovanni Alleva)

Questa legge è una legge ai sensi dell’articolo 121, secondo comma, della Costituzione quindi in sostanza è una proposta che viene fatta al Parlamento, ma viene dalla nostra Regione. Questo secondo me è un fatto molto qualificante, perché l’Emilia-Romagna è una Regione che ha sempre avuto un alto tasso di attività, di laboriosità, e nella quale la contrattazione collettiva aziendale che è lo strumento con cui si deve realizzare l’obiettivo di questa legge, che è la riduzione, l’abolizione, se si può, della disoccupazione giovanile, tramite la riduzione dell’orario di lavoro dei lavoratori già occupati si avvale, per l’appunto, come strumento fondamentale, di contratti collettivi aziendali. Dicevo: una legge sicuramente molto ambiziosa, ma che riposa su un concetto molto semplice, molto evidente, e su un meccanismo che proprio per la sua semplicità dovrebbe sicuramente funzionare. Di che cosa si tratta? Si tratta di congiungere tra loro due istituti apparentemente lontani: la riduzione dell’orario settimanale di lavoro, che è un’aspirazione di moltissimi lavoratori, particolarmente di molte lavoratrici, cioè passare alla settimana di quattro giorni invece della settimana attuale di cinque giorni; dall’altra parte, il reddito di cittadinanza. Due cose che sembra abbiano poco a che fare, perché questa seconda è una misura anti-povertà che è stata criticata molte volte proprio perché poco proattiva, perché non porta a un impiego produttivo di colui che riceve il reddito di cittadinanza per le sue condizioni economiche. Il giovane, povero disoccupato, con il reddito di cittadinanza forse sopravvive ‒ si è detto che sopravvive ‒ ma non trova lavoro. Invece questa legge gli trova lavoro. Come? In maniera molto semplice: destinando quei soldi già spesi, già stanziati per il reddito di cittadinanza allo scopo di compensare quattro lavoratori già occupati che rinunziano volontariamente e, direi, anche con gioia, probabilmente, a una giornata di lavoro. Hanno un giorno libero in più nella settimana. In questo modo, creano materialmente immediatamente il posto di lavoro per il disoccupato.

In fondo, si tratta soltanto di una questione di contabilità generale. Lo Stato spenderà sempre di meno in questa visuale per il reddito di cittadinanza, perché quei destinatari troveranno lavoro. Spenderà di più, ovviamente, per compensare con un bonus fiscale i lavoratori che accettano di ridurre l’orario di lavoro, ma non possono permettersi una riduzione parallela del salario.

Io mi sono permesso di fare nelle note di accompagnamento alcuni esempi materiali aritmetici, ma credo siano chiari. Se noi guardiamo i contratti collettivi, le tariffe salariali, ci accorgiamo che nelle fasce centrali troviamo salari di circa 1.600 euro mensili, al lordo, che sono 1.300 euro al netto. Ridurre di una giornata l’orario lavorativo significa anche ridurre del venti per cento questo salario, andare quindi a 1.040 euro mensili, troppo pochi. Quindi, ben pochi lavoratori accetterebbero una riduzione così secca dell’orario, ma anche del salario.

Il problema è ridurre l’orario senza ridurre il salario. Si può fare? Certamente si può fare se noi utilizziamo a questo scopo i fondi già stanziati per il reddito di cittadinanza.

Ragioniamo un po’. Quel lavoratore perde nell’esempio che ho fatto 260 euro al mese, ma i 780 euro che sarebbero andati al reddito di cittadinanza per quel lavoratore diviso quattro mi danno 195 euro. Ecco che quella perdita è già ricoperta attraverso una riduzione fiscale per il settantacinque per cento.

Ho fatto fare due anni fa una complicata e anche piuttosto costosa indagine demoscopica in Emilia che ha dimostrato che con una compensazione del sessanta per cento la maggioranza assoluta dei lavoratori accetterebbe e chiederebbe di avere una riduzione dell’orario di lavoro. Questa riduzione dell’orario di lavoro chiaramente è lo strumento attraverso il quale si può dare il lavoro al disoccupato.

La cosa da comprendere bene è che questa è una misura redistributiva, non vuole essere niente di più che una misura redistributiva però dobbiamo essere sinceri con noi stessi. Certo, occupazione nuova se ne può creare con l’investimento, ma se la crescita complessiva è dello 0,1 non avremo in realtà il riassorbimento della disoccupazione.

Occorre avere una redistribuzione sia per migliorare la produttività sia per ringiovanire gli organici sia soprattutto per dare finalmente una prospettiva di vita ai giovani disoccupati e anche per migliorare il tenore di vita, il tempo vita di lavoro e vita per famiglia e altre cose dei lavoratori già occupati e soprattutto delle lavoratrici.

La misura è una misura, tutto sommato, molto semplice. Chi è che dovrà fare da demiurgo? Dovrà fare da demiurgo, evidentemente, chi ha questo compito, cioè coloro che fanno i contratti aziendali, le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori e anche, io prevedo, la Regione. Anche le Regioni devono promuovere, nei loro piani del lavoro, questo tipo di accordi di riduzione d’orario, con assunzione di lavoratori disoccupati destinatari di reddito di cittadinanza, perché quello che si sarebbe speso, e non si spende più perché hanno trovato lavoro, per il reddito di cittadinanza serve per creare loro spazio attraverso la riduzione dell’orario di lavoro.

Perché una legge alle Camere? Perché ovviamente vi è da toccare il Testo unico delle imposte sui redditi, in quanto chi riduce l’orario come viene compensato? Viene compensato automaticamente attraverso un bonus, una deduzione fiscale, deduzione fiscale di 200 euro mensili, che coprono in buona parte i 260 euro di perdita salariale di cui vi parlavo.

C’è ancora da completare qualcosa? Forse sì. È meglio arrivare al cento per cento, se si può, per essere assolutamente sicuri, perché quanto più lavoratori chiederanno la riduzione di orario tanti più giovani potranno essere immessi al lavoro. Quindi, vi è anche un secondo strumento, un po’ discusso a dire la verità dal punto di vista politico e sindacale, ma importante, che può essere utilizzato al fine di migliorare e completare la compensazione per chi riduce l’orario di lavoro, ed è il cosiddetto “welfare aziendale”.

Per chi non lo sapesse, ricordo brevissimamente il concetto. Il welfare aziendale è un beneficio di vario tipo (servizi, beni) dato al lavoratore dall’azienda che non costituisce reddito imponibile ai fini fiscali. Per converso, però, questa spesa è spesa per il lavoro deducibile dal datore di lavoro. Ecco perché il reddito aziendale è una molla molto potente di welfare aziendale, perché per il lavoratore è come se fossero soldi, è come se fosse salario, ma non si pagano sopra le tasse, e per il datore di lavoro, comunque, può essere scalato dal suo reddito d’impresa.

Quei 50 o 60 euro che mancano, possono facilmente essere coperti con strumenti di welfare aziendale. Anche qui, però, occorre una modifica del TUIR, esattamente all’articolo 51 (l’altro è all’articolo 13), laddove, nell’elenco dei beni e servizi oggetto di welfare aziendale, andrebbero aggiunti per l’appunto titoli rappresentativi o voucher di beni o di servizi, ottenuti e riservati ai lavoratori che hanno ridotto l’orario di lavoro, nel quadro di un accordo sindacale di solidarietà espansiva, come si dice, e cioè, di riduzione dell’orario da una parte e di assunzione dall’altra.

Questo è il meccanismo fondamentale molto semplice; o meglio, che presuppone soltanto una cosa: un attivismo da parte dei mediatori sociali, da parte dei sindacati, dei datori di lavoro e dei lavoratori, da parte degli enti pubblici, da parte della Regione.

In particolare, di cosa si tratterà? Si tratterà fondamentalmente di mettere insieme un’anagrafe o coloro che vogliono ridurre l’orario di lavoro, e di quelli che col reddito di cittadinanza non hanno lavoro e lo vogliono ottenere.

Quali numeri stiamo muovendo? Stiamo muovendo dei grandi numeri. Ricordo rapidissimamente che in Italia ci sono 23 milioni di attivi, c’è il dieci per cento di disoccupazione, peraltro, che significa 2,3 milioni di disoccupati; poi ci sono gli inattivi che non conosciamo; un terzo sono giovani. C’è quindi una platea di almeno 800.000 giovani, un numero enorme, disoccupati i quali vivono ai margini della società, in realtà, ai quali bisognerà trovare lavoro.

Ma c’è questa possibilità? C’è, perché appunto per il meccanismo che vi ho detto, basterebbe che 3 milioni di lavoratori accettassero di ridurre l’orario. E sono sicuro che sarebbero ben lieti di farlo.

A questo proposito, finisco ricordandovi che gli orari di lavoro in Italia sono fermi da cinquant’anni. L’ultima riduzione seria ci fu nel 1973, quando passammo alla settimana corta, cioè al sabato libero. In quell’occasione, si crearono un milione di nuovi posti di lavoro. Questo effetto è perfettamente replicabile passando dalle cinque alle quattro giornate.

Gli articoli, come vedete, sono soltanto cinque. Hanno, alle volte, un sapore un po’ tecnico nel leggerli. Semplicemente, indicano le norme da cambiare. Due in tutto. Due norme del Testo unico dei redditi.

Vi è da dire anche che questa materia è estendibile, al di là del mondo delle imprese, anche alle pubbliche amministrazioni, con qualche prudenza per non cozzare contro l’articolo 97 della Costituzione. Anzi, il lavoro burocratico della pubblica amministrazione in qualche maniera è un lavoro facilmente divisibile. Sicuramente si potrà, anche qui, avere questo effetto di riduzione dell’orario da una parte e l’aumento dell’occupazione dall’altra.

Quella che noi proponiamo è una legge che consente uno shock nel settore dell’occupazione, qualcosa che si può fare qui e subito e senza spese ulteriori. Questa è una cosa importante. La spesa grossa è stata già fatta quando si sono stanziati i fondi per il reddito di cittadinanza. Sono gli stessi fondi. I datori di lavoro hanno solo da guadagnare da questa proposta. Lo voglio sottolineare. Le ore lavorate, quindi da pagare, non cambiano perché si riducono gli orari da una parte e ci sono nuove assunzioni dall’altro proporzionali, ma i nuovi assunti, se verranno assunti, come ritengo che debba avvenire, a scopi formativi, con contratto di apprendistato, costeranno di meno. Come sapete, per tre anni il rapporto di apprendistato è esente da contribuzione sociale, che è piuttosto pesante perché sfiora il quaranta per cento del salario.

In più, i datori di lavoro avranno un grandissimo vantaggio, di poter fare dei cicli formativi assumendo, nell’ambito dei contratti, dei giovani con contratti di apprendistato, potranno ringiovanire gli organici e insieme anche qualificarli.

In definitiva, quello che io spero possa venire fuori è questo: le condizioni per far scattare un circolo virtuoso.

Una volta che noi abbiamo la modifica di quelle due norme, la prima soprattutto, cioè la introduzione di una riduzione fiscale in favore di chi riduce l’orario nell’ambito di un contratto di solidarietà espansiva per l’assunzione di giovani in possesso o destinatari di reddito di cittadinanza, c’è soltanto da aspettare che la gente ne prenda atto, perché io sono più che convinto che quando i lavoratori e le lavoratrici sapranno che possono avere un giorno libero in più a settimana senza rimetterci il salario, senza avere perdite salariali, tutti lo vorranno. Saranno loro a correre dietro a padroni, sindacati ed enti pubblici.

A quel punto, automaticamente e sicuramente si creerà lavoro per i disoccupati che la legge attuale, invece, mi permetto di dirlo, non crea perché non è che la legge attuale sul reddito di cittadinanza non preveda delle misure occupazionali, prevede addirittura che chi assume uno di quei giovani possa avere lui, come il datore di lavoro, l’importo del reddito.

In ogni caso si tratta di posti di lavoro in più, di un aumento delle ore lavorative che non è detto sempre che sia necessario.

Qui, invece, trattandosi di una misura redistributiva tutto si svolge nell’ambito di una sicurezza di tipo aritmetico e matematico.

Naturalmente io spero che una volta che venga, come io mi auguro, approvata questa nostra direttiva sul primo e secondo comma poi le Camere e il Governo facciano presto a trasformarla in legge nazionale e naturalmente, come dicevo, qualche affidamento in proposito è già stato preso.

Grazie.

ALLEGATO B)

alla deliberazione assembleare n. 222 del 1° ottobre 2019

Proposta di legge alle Camere ai sensi dell’art. 121, secondo comma, della Costituzione

“Misure per la promozione dei contratti di solidarietà espansiva e utilizzo del reddito di cittadinanza”

RELAZIONE TECNICA

ai sensi dell’art. 17, commi 3 e 6, della legge n. 196 del 31 dicembre 2009 (Legge di contabilità e finanza pubblica)

La L.196/2009 art 17 richiede di corredare i disegni di legge alle Camere di iniziativa regionale della relazione tecnica, predisposta dai proponenti, sulla quantificazione delle entrate e degli oneri recati da ciascuna disposizione, nonché delle relative coperture.

Il disegno di legge in oggetto non comporta oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato e non necessita quindi di una norma finanziaria, così come evidenziato dalla presente relazione tecnica.

Come previsto al comma 1 dell’art. 1 del disegno di legge, destinatari dell’iniziativa sono giovani occupati e inoccupati, di età inferiore ai 35 anni riconosciuti destinatari del reddito di cittadinanza. Nello specifico si prevede di destinare un importo equivalente a quello del reddito di cittadinanza – che quel disoccupato/inoccupato avrebbe percepito – a quattro lavoratori, già occupati, che volontariamente accettino di ridurre la loro settimana lavorativa da cinque a quattro giornate, aprendo così uno spazio per l’assunzione di quel disoccupato/inoccupato e guadagnando per sé un giorno libero in più alla settimana.

L’importo che sarebbe stato destinato all’erogazione di un singolo reddito di cittadinanza viene quindi destinato a compensare quei quattro lavoratori “riducenti orario” della propria perdita salariale (di 1/5) conseguente alla riduzione dell’orario lavorativo da 5 a 4 giorni settimanali.

Lo strumento negoziale da usare per questa operazione è il contratto di solidarietà espansiva, previsto oggi dall’art. 41 D. Lgs. n. 148/2015, che è un accordo sindacale aziendale.

L’impatto sul bilancio dello Stato è quindi neutro in quanto si va ad integrare l’attuale regolamentazione del reddito di cittadinanza prevedendo che, nei casi di applicazione dei contratti di solidarietà espansiva, quanto sarebbe spettato al percettore a titolo di reddito di cittadinanza viene destinato a coprire gli oneri necessari per garantire ai “riducenti orario” il parziale ristoro della riduzione della loro retribuzione.

Segue l’esame dell’articolato.

Artt. 1 e 2

Gli articoli in oggetto precisano che l’agevolazione viene circoscritta a giovani privi di un lavoro in stato di indigenza e, dunque, destinatari del reddito di cittadinanza.

In caso di assunzione di tali soggetti da parte di aziende nell’ambito dell’applicazione di contratti di solidarietà espansivi, garantendo la ricostituzione del monte ora lavorato, si prevede che venga garantita una compensazione economica in favore dei lavoratori che hanno aderito alla riduzione di orario non inferiore al 75% della relativa perdita retributiva.

L’agevolazione è quindi circoscritta ai soli casi in cui il bilancio dello Stato ha già previsto risorse per finanziare il reddito di cittadinanza e, quindi, non occorrono risorse aggiuntive per il bilancio dello Stato stesso, venendo a cessare l’erogazione del reddito di cittadinanza dal momento dell’assunzione.

Art 3

L’articolo dettaglia le modalità tecniche di attuazione della misura, prevedendo che la compensazione economica non inferiore al 75% della perdita retributiva avvenga, almeno nella sua parte principale, mediante una detrazione di imposta annua pari a 2.600 euro.

Da un punto di vista economico-finanziario, per valutare l’impatto sul bilancio dello Stato, è di centrale importanza la stima della perdita salariale da compensare ai lavoratori accettanti la riduzione dell’orario settimanale.

Detta perdita è pari ad 1/5 del salario visto che l’orario viene ridotto da 5 a 4 giornate, e si assume l’ipotesi di doverla applicare ad un salario medio-minimo, che stando ai principali CCNL, è di circa € 1.300,00 mensili netti, ovvero circa € 1.600,00 lordi, importi i quali, dedotto quel 1/5, si ridurrebbero quindi ad € 1.040,00 netti.

Si parla di importi previsti per le fasce centrali, operaie ed impiegatizie, degli inquadramenti in qualifiche che contemplano, però, anche qualifiche più basse e più alte con relativi importi che, tuttavia, ben raramente superano i € 2.000,00 mensili, e comunque casi che interesseranno solo marginalmente l’iniziativa in oggetto, come argomentato oltre.

Assumendo, quindi, un importo medio di riferimento di € 1.300,00 netti, la perdita di potere di acquisto da ripianare o da compensare dopo la riduzione di orario sarebbe di € 260,00 netti mensili (1.300/5=260) da realizzare mediante una detrazione di imposta, da aggiungere a quelle già elencate all’art. 13 ss TUIR (Testo Unico Imposta sui Redditi) di € 200,00 mensili finanziata dal reddito di cittadinanza che non viene più erogato in ragione dell’assunzione (Reddito di cittadinanza quantificato in Euro 780,00).

In questo modo, il lavoratore “recupera” € 200,00 (arrotondamento di € 780,00/4 = € 195,00) sui 260,00 che ha perso (sempre su un salario netto di € 1.300,00 mensili) perché il netto corrisposto in busta-paga risalirebbe da € 1.040,00 ad € 1.240,00, ossia € 60,00 in meno rispetto al salario (€ 1.300,00) precedente la riduzione di orario, con una perdita salariale complessiva del 4,6%.

Oltre alla citata detrazione di imposta la cui copertura finanziaria è garantita nell’ambito delle risorse già stanziate in bilancio con il reddito di cittadinanza, si prevede un’ulteriore misura per i percettori di uno stipendio netto superiore, ad esempio fino a € 2.000,00 mensili netti, per i quali la riduzione sarebbe più penalizzante: su uno stipendio netto di € 2.000,00 la riduzione stipendiale mensile sarebbe, infatti, di € 400,00 compensata solo per metà (€ 200,00) dalla detrazione di imposta.

Sopra € 2.000,00 di stipendio netto le cose peggiorerebbero ancora ma si stima che per questi livelli superiori (impiegati di alto concetto e quadri) la misura non troverà applicazione trattandosi, per lo più, di soggetti “in carriera”, non interessati a maggior tempo libero.

Le misure aggiuntive (lettera b dell’art. 3) non comportano oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato in quanto sono a carico del datore di lavoro, incentivato a riconoscerle in quanto con il contratto aziendale di solidarietà espansiva lo stesso consegue un vantaggio economico-finanziario in termini di diminuzione del costo del lavoro. La quantità delle ore complessivamente lavorate non cambierebbe, perché la riduzione di orario dei lavoratori che la accettano sarebbe riequilibrata dalle ore lavorate dei nuovi assunti, ma questi ultimi all’impresa costerebbero di meno, perché sui loro salari non andrebbero pagati contributi previdenziali (ai sensi dell’art. 41 D. Lgs. n. 148/2015 e/o ai sensi della normativa sull’apprendistato), ed in più essi subirebbero la temporanea decurtazione retributiva prevista dal CCNL sotto la denominazione di “salario di ingresso”. Il vantaggio economico del datore di lavoro è nell’ordine di 300,00/400,00 euro mensili per ogni nuovo lavoratore assunto ed è plausibile destinare almeno la metà di tale risorsa ad aumentare la compensazione per i “riducenti orario”: si tratterebbe, in pratica, di un beneficio aggiuntivo di circa € 50,00 pro capite (€ 200,00/4=€ 50,00) che, aggiunti alla detrazione di imposta, colmerebbero la perdita stipendiale da riduzione di orario per i percettori di un salario netto di € 1.300,00.

Questo beneficio aggiuntivo può essere inquadrato giuridicamente come forma di welfare aziendale da aggiungersi, normativamente, a quelle già previste ed elencate dall’art. 51 secondo comma, lettera i) del TUIR. Questa misura incentivante aggiuntiva di “welfare aziendale” potrebbe così, ad esempio, assumere la forma di “voucher” ovvero “buoni acquisto” (ora consentiti dall’art. 51, comma 3 bis TUIR) presso catene convenzionate della Grande Distribuzione con valore, cadauno, di € 50,00 per lavoratori percettori di salario netto fino ad € 1.300,00 e con due “tagli” superiori di € 100,00 ed € 150,00 per stipendi netti rispettivamente fino ad € 1.800,00 e fino ad € 2.000,00, allo scopo di coinvolgere, se lo vogliono, nella riduzione di orario anche lavoratori di più alta qualifica.

Con riferimento al contributo regionale (lettera c) si rimanda alle considerazioni relative all’art. 4.

Art. 4

L’articolo 4 delinea il ruolo delle regioni prevedendo per loro, oltre a funzioni di promozione e collaborazione con le parti interessate, la possibilità di erogare un contributo “fino ad assorbimento delle risorse stanziate per questa finalità”. Si tratta quindi di stanziamenti che non riguardano il bilancio dello Stato ma direttamente quelli delle singole regioni, peraltro chiamate a contribuire nel limite di quanto prevederanno, su base volontaria, nei rispettivi bilanci.

Art 5

Articolo privo di oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato che regolamenta l’applicabilità della legge ai dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni ed Enti pubblici non economici. Si prevede la possibilità, per i dipendenti pubblici, di ottenere la riduzione di una giornata della loro settimana lavorativa in concomitanza e subordinatamente all’assunzione di disoccupati titolari o destinatari del reddito di cittadinanza vincitori di posti messi a concorsi. Anche in questa fattispecie, quindi, da un punto di vista finanziario si fa riferimento alle risorse già stanziate per il reddito di cittadinanza.

ALLEGATO C)

alla deliberazione assembleare n. 222 del 1 ottobre 2019:

Proposta di legge alle Camere ai sensi dell’art. 121, secondo comma, della Costituzione

“Misure per la promozione dei contratti di solidarietà espansiva e utilizzo del reddito di cittadinanza”

ARTICOLATO

INDICE

Art. 1 – Contratti di solidarietà espansiva per titolari del reddito di cittadinanza

Art. 2 – Stipula dei contratti di solidarietà espansiva

Art. 3 – Compensazione economica per riduzione di orario

Art. 4 – Ruolo della Regione

Art. 5 – Applicabilità alle pubbliche amministrazioni

Art.1

Contratti di solidarietà espansiva per titolari del reddito di cittadinanza

1. Allo scopo di realizzare uno stabile inserimento lavorativo di giovani disoccupati o inoccupati, di età inferiore ai trentacinque anni e riconosciuti destinatari del reddito di cittadinanza, nonché di migliorare per tutti i lavoratori il rapporto tra tempo di vita e tempo di lavoro, vengono adottate le misure d’incentivazione previste dalla presente legge per la stipula di contratti collettivi aziendali di solidarietà espansiva, in quanto prevedano:

a) la riduzione della settimana lavorativa da cinque a quattro giornate, con adesione volontaria da parte dei singoli lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo pieno e indeterminato;

b) l’assunzione con contratto di lavoro a tempo indeterminato o con contratto di apprendistato di giovani di età fino ai trentacinque anni, disoccupati o inoccupati, titolari del reddito di cittadinanza, con ricostituzione del monte ore lavorato precedente la riduzione di orario;

c) una compensazione economica in favore dei lavoratori ch e hanno aderito alla riduzione di orario, non inferiore al settantacinque per cento della relativa perdita retributiva.

Art. 2

Stipula dei contratti di solidarietà espansiva

1. I contratti aziendali di solidarietà espansiva di cui all’articolo 1 vengono stipulati dai soggetti di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 (Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183), con l’assistenza delle organizzazioni sindacali di categoria in applicazione di eventuali accordi-quadro regionali: il singolo lavoratore è libero di non aderire alla riduzione di orario ed alla relativa regolamentazione del contratto di solidarietà espansiva, anche se iscritto alle associazioni sindacali stipulanti.

Art. 3

Compensazione economica per riduzione di orario

1. La compensazione economica non inferiore al settantacinque per cento della perdita retributiva da riduzione di orario è realizzata mediante:

a) riconoscimento di una detrazione d’imposta pari ad euro 2.600,00 annuale da applicare mensilmente ad ogni lavoratore che abbia accettato di ridurre il suo orario di lavoro settimanale da cinque a quattro giorni;

b) erogazione ai suddetti lavoratori di un ammontare concordato di voucher o titoli rappresentativi da utilizzare per l’acquisto di beni o servizi non costituenti reddito da lavoro, ai sensi dell’articolo 51, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi (Testo post riforma 2004)).

c) specifici contributi regionali di cui all’articolo 4.

2. Allo scopo di realizzare la misura compensativa di cui all’articolo 13, comma 1, lettera a) del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, dopo il comma 1 bis dell’articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, è aggiunto il seguente:

“1 ter. Spetta, altresì, una detrazione di imposta lorda di euro 2.600,00 annuale da applicare ai lavoratori dipendenti di imprese private, enti pubblici economici e società partecipate pubbliche che abbiano volontariamente ridotto l’orario settimanale da cinque a quattro giornate, in applicazione di accordi sindacali di solidarietà espansiva diretti all’assunzione di disoccupati titolari o destinatari di reddito di cittadinanza.”.

3. Allo scopo di realizzare la misura compensativa di cui al comma 1, lettera b) del presente articolo, dopo la lettera f quater) del comma 2 dell’articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, è inserita la seguente:

“f quinquies. il valore nominale dei documenti di legittimazione o voucher, corrisposti in aggiunta o in sostituzione di una parte di retribuzione non superiore a un terzo dello stipendio lordo ai lavoratori che abbiano volontariamente ridotto l’orario settimanale da cinque a quattro giornate, in applicazione di accordi sindacali di solidarietà espansiva diretti all’assunzione di disoccupati titolari o destinatari di reddito di cittadinanza.”.

Art. 4

Ruolo della Regione

1. La Regione:

a) promuove la conclusione dei contratti di solidarietà espansiva di cui all’articolo 1, d’intesa con le organizzazioni sindacali territoriali dei lavoratori e dei datori di lavoro, nonché di accordi-quadro regionali, e può partecipare alla loro negoziazione e stipula;

b) collabora alla messa a punto delle misure di compensazione economica di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b), favorendo l’acquisto presso i fornitori dell’insieme di beni e servizi;

c) eroga, fino ad assorbimento delle risorse stanziate per questa finalità, alle imprese stipulanti i contratti di solidarietà espansiva di cui all’articolo 1, un contributo mensile di euro 10,00 per ogni lavoratore che abbia aderito alla riduzione di orario, aumentato ad euro 20,00 ove il lavoratore percepisse, prima della riduzione di orario, un salario superiore ad euro 1.800,00 netti.

Art. 5

Applicabilità alle pubbliche amministrazioni

1. Allo scopo di rendere applicabili le norme della presente legge, in quanto compatibili, ai dipendenti di pubbliche amministrazioni ed enti pubblici non economici, vengono introdotte le seguenti disposizioni:

a) i dipendenti pubblici, i quali possono accedere, ai sensi della vigente legislazione, all’istituto del “part-time” verticale, hanno altresì il diritto di richiedere ed ottenere la riduzione di una giornata della loro settimana lavorativa, in concomitanza e subordinatamente all’assunzione, con le modalità previste dal disposto della lettera b), dei disoccupati titolari o destinatari del reddito di cittadinanza;

b) le pubbliche amministrazioni possono riservare, per il triennio successivo all’entrata in vigore della presente legge, una percentuale non superiore al trenta per cento dei posti messi a concorso, a disoccupati titolari o destinatari del reddito di cittadinanza;

c) l’assunzione in servizio di cui alla lettera b) è condizionata dalla presentazione, in misura proporzionale, di domande di riduzione di orario da parte dei dipendenti di cui alla lettera a), così da assicurare l’invarianza del monte ore lavorate;

d) nel caso d’insufficiente presentazione, le assunzioni possono avere luogo nel caso di sopravvenienza di domande ulteriori nei dodici mesi successivi;

e) i profili applicativi delle previsioni delle lettere a), c) e d) formano oggetto di contrattazione decentrata.