“Raro” è una parola che fa pensare a “prezioso”, ricorda gioielli e persone, le più belle che abbiamo conosciute, rare appunto, ricorda i momenti, mai moltissimi di felicità.
Ma si chiamano malattie rare anche moltissime infermità, spesso croniche e in determinati casi gravi. Certo il numero degli ammalati per loro è molto inferiore a quello dei raffreddati d’inverno. Sono però più di 35.000 le persone che in Emilia-Romagna sono affette da patologie particolari e non di vasta diffusione, se le si considera nel loro insieme. Un esercito.
Il numero delle patologie medesime è impressionante: se ne contano tra le 7.000 e le 8.000. Sono difficili da scoprire, e da gestire. In Emilia-Romagna meno che altrove.
La Regione ha voluto occuparsi con una particolare attenzione di quelle 35.000 persone. Il suo Sistema sanitario, consapevole che le malattie “rare” costituiscono un problema sanitario rilevante e purtroppo hanno un forte impatto a livello psicologico e sociale, hanno da tempo intrapreso un percorso per garantire diagnosi e cure migliori.
Accanto ad una attenta formazione di medici ed operatori esistono Centri di riferimento, ben 114, dove il paziente può trovare una adeguata risposta. Il 41% dei pazienti emiliano-romagnoli è preso in carico dagli ospedali della Città metropolitana di Bologna. Da 12 anni funziona il “Sistema informativo malattie rare”, che coinvolge i centri clinici autorizzati alla diagnosi, i servizi preposti al rilascio del certificato di esenzione dal pagamento del ticket, e i servizi farmaceutici ospedalieri, permettendo la redazione del certificato diagnostico, la produzione del tesserino di esenzione e la completa informatizzazione dei piani terapeutici. Si poneva il problema di coordinare gli interventi di questa rete. La Rete per le malattie rare della Regione è fatta di diversi nodi dedicati a singole patologie o a gruppi di patologie.
Sono loro, lo imparo dalle pubblicazioni e dai Report che la nostra sanità produce regolarmente, che hanno fatto definire e diffondere fra medici ed operatori i protocolli diagnostico-assistenziali delle singole malattie, in modo da garantire terapie adeguate ed uniformi. Da 3 anni in Italia lo screening neonatale, fondamentale per individuare la malattia alla nascita, per le malattie endocrine e metaboliche è entrato nei Livelli essenziali di assistenza, ma in Emilia-Romagna già dal 2011 era stato avviato l’allargamento dello screening e il sistema regionale, che ha base a Bologna ha sviluppato un’importante competenza laboratoristica e clinica.
Nasce ora il “Centro di coordinamento regionale per le malattie rare”, approvato da una recente delibera di Giunta. Il Coordinamento consentirà alla Regione di attingere in via sistematica all’ampio patrimonio di conoscenze e competenze delle componenti sanitaria, clinica e associativa. Verranno infatti coinvolte anche le associazioni dei pazienti maggiormente rappresentative .
Non credo sia un caso che uno strumento così avanzato come il Coordinamento nasca in Emilia-Romagna. Succede perché la sanità qui funziona, per tutti. Certo i problemi quando si interviene sulla salute sono continui ma una sanità così non si improvvisa.
Una buona sanità non vive di trovate propagandistiche, deve saper ascoltare per migliorarsi sempre ed ha bisogno di risorse. Mentre la campagna elettorale scatena accuse di ogni tipo, e le polemiche nascondono sempre i nuovi servizi attivati, la sanità si conferma anche nel Bilancio appena presentato, non nelle chiacchiere, l’impegno principale della Regione Emilia-Romagna.